La partecipazione ad un concorso enologico porta a molti benefici per il wine export. Un maggiore appeal sul consumatore, una spinta promozionale e un miglioramento della brand reputation sono alcuni dei fattori che spingono ogni anno migliaia di cantine in tutto il mondo ad iscriversi. Ciò che forse non è altrettanto chiaro sono le strategie e le ricerche portate avanti dagli organizzatori nel pianificare il loro evento.

Nell’organizzare i concorsi enologici, si deve tenere conto delle costanti evoluzioni del mercato internazionale; prestare attenzione ai cambiamenti di tendenze, consumi e – perché no – anche a quelli politici, per offrire alla cantina un servizio il più valido e produttivo possibile. Uno dei modi per fornire un’esperienza veramente vantaggiosa, è quello di reclutare giudici provenienti da paesi chiave per l’export vinicolo. Prendere l’impegno di ingaggiare non solo professionisti del settore di un certo calibro, ma di lavorare con esperti di vino che conoscano a fondo zone di interesse per il mercato del vino italiano. A questo proposito, calzano a pennello i paesi BRICS – Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa–, che dopo esser stati il centro dell’attenzione per la maggior parte dei primi anni duemila e aver perso terreno nel 2015, sono da poco tornati alla ribalta e meritano quindi un’attenzione particolare.

Nuove rotte per il wine export

Gli ultimi 20 anni sono stati caratterizzati dal graduale affermarsi di un “aggregato geo-economico” identificato dall’acronimo BRICS. Gli stati facenti parte di questo gruppo sono accomunati da alcuni elementi fondamentali: la condizione di economie in via di sviluppo, una popolazione numerosa, un vasto territorio, abbondanti risorse naturali strategiche, una forte crescita del PIL e della quota nel commercio mondiale nell’ultimo decennio.

Il conglomerato è stato identificato per la prima volta nel 2001 dall’analista Jim O’Neill, in un documento redatto per la banca di investimenti Goldman Sachs. Inizialmente, O’Neill prese in considerazione solo Brasile, Russia, India e Cina (il Sud Africa venne aggiunto in seguito). Secondo l’analista, le quattro nazioni avrebbero dominato il secolo appena iniziato e urgeva dunque cominciare ad aprire loro le porte dell’economia mondiale.

Ad anni di distanza, non si può negare che O’Neill ci avesse visto lungo: solo pochi anni fa, i BRICS detenevano il 20% del PIL mondiale e circa il 16% del commercio internazionale. Comprendono tuttora inoltre il 42% della popolazione totale e il 25% dell’intera estensione della Terra (da Camera dei Deputati, BRICS, Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, 2015). Si tratta di mercati che da tempo registrano alti – anche se differenziati – ritmi di sviluppo economico e che presentano prospettive di crescita ancora molto rilevanti.

BRICS: ieri, oggi e domani

Le potenze si sono riunite per un primo incontro informale nel 2006 a New York ed è nel 2010 che hanno deciso di invitare il Sudafrica a partecipare. Il primo incontro, a livello di Capi di Stato e di Governo, si è svolto invece a Tōyako (Giappone) il 9 luglio 2008, a margine del G8. A questo primo vertice sono seguiti degli incontri annuali che continuano ancora oggi, con il summit del 2019 che si svolgerà il 13 e il 14 novembre a Curitiba, in Brasile.

Dal loro primo summit, le relazioni tra i 5 BRICS si sono consolidate e i Paesi sono ormai diventati partner in diversi campi di cooperazione, dall’economia alla geopolitica, passando per la sicurezza e la lotta al terrorismo. Gli obiettivi alla base della loro collaborazione vanno dal commercio allo sviluppo di infrastrutture, con l’ambizione di spostare il baricentro del mondo da Occidente ad altri punti di incontro.

Sebbene siano simili sotto molti punti di vista e condividano gli stessi traguardi, è importante tenere a mente che si tratta di 5 paesi ben distinti, con caratteristiche peculiari e differenti situazioni geopolitiche. È in particolare nel 2013, dopo la crisi economica mondiale, che le sorti dei 5 stati hanno cominciato a divergere. Se da una parte tutti hanno risposto positivamente agli stimoli della crisi finanziaria (al contrario di Europa e Stati Uniti), dall’altra, solo India e Cina sono cresciuti in modo esponenziale, lasciando indietro le altre nazioni.

Mentre negli ultimi anni l’IC asiatico non è mai sceso sotto il 6% di crescita del PIL (e non mostra segni di rallentamento), i dati e le previsioni del Fondo Monetario Internazionale (FMI) confermano quanto Brasile, Russia e Sudafrica fatichino a tenere il passo con India e Cina. Ciò nonostante, al 2018, il FMI ha confermato trend di sviluppo positivi per i cinque protagonisti del vertice BRICS, riportando l’attenzione internazionale su questi Paesi. Nello specifico, i dati mostrano come l’India crescerà con un tasso del Pil reale del 7.4%, la Cina del 6.6% (dato che assicurerebbe entro il 2030 il sorpasso dell’economia americana), il Brasile del 2.3%, la Russia del 1.7%, e il Sudafrica del 1.5% (da affariinternazionali.it, I BRICS, l’Occidente e il “cellophane del colonialismo”, 2018).

Tirando le somme…

I BRICS rappresentano dunque un’interessante opportunità sia per le cantine italiane che si affacciano per la prima volta sui mercati stranieri, che per le cantine con più esperienza nell’export vinicolo che mirano ad esplorare paesi lontano dai radar, ma comunque rilevanti. Come abbiamo già detto, il fronte BRICS è compatto, ma non unico. Ogni stato deve essere valutato come un’entità a sé stante e differenti strategie di wine export devono essere adottate per l’entrata su ciascuno dei mercati. Per capire meglio le tendenze e le necessità di ciascuna nazione, nei prossimi mesi ti porteremo ad esplorare Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, con l’aiuto di alcuni giudici di 5StarWines e altre figure strumentali alle nostre tematiche.

 

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