Dopo la crisi politica del 2014, il mercato russo ha subito dei forti cambiamenti che resistono tutt’oggi. Il collasso del rublo e l’embargo sui prodotti provenienti da determinati paesi però non sono conseguenze negative per tutti: sei un produttore italiano che vuole esportare il proprio vino in Russia? In questo articolo, parliamo proprio di te.

In Russia è tradizione che le bottiglie vuote vengano appoggiate sul pavimento. Si dice che questa usanza risalga ai tempi delle guerre contro Napoleone: dopo la Battaglia di Parigi nel 1814, i cosacchi russi realizzarono che il numero dei drink addebitati a ciascuno veniva calcolato sulla base del numero di bottiglie lasciate sul tavolo nei ristoranti. Da lì, l’idea di cominciare a nasconderle. Tradizioni a parte, in questo articolo ci vogliamo concentrare invece su cosa contengono queste bottiglie quando, da piene, si trovano sulle tavole russe.

Il drink preferito dai russi? No, non è la vodka

Gli stereotipi ci insegnano che la cultura del bere russa è interamente basata sulla vodka. Si tratta di una credenza assolutamente vera dal punto di vista culturale – la vodka è tuttora un pilastro della società russa – ma non del tutto accurata in termini di vendite e consumi. Ti consigliamo di mettere via quei bicchierini e tirare fuori un bel boccale, perché a farla da padrona in Russia è la birra!

Già nel 2017, la birra deteneva l’83% delle vendite e del consumo nazionale di alcolici. A migliorare ulteriormente lo status della bevanda ci ha pensato poi il Campionato mondiale di calcio del 2018. La FIFA World Cup ha avuto un enorme impatto sull’andamento del mercato russo in generale, ma ha anche decretato un aumento del 5% del consumo di birra nel paese: si pensa infatti che le migliaia di turisti stranieri abituati a godersi un goccio durante le partite abbiano attaccato questa usanza anche ai tifosi russi (da Russia’s Alcohol Market: What the Russians are Drinking, World Food Moscow). Di conseguenza, le importazioni della bevanda al luppolo sono salite alle stelle. Ma non sono le sole. La Federazione russa è tanto assetata di birra quanto lo è di vino. Per una cantina, dunque, la strada per entrare nel paese è sì concreta, ma pur sempre tortuosa.

Un panorama non troppo brillante

A causa del conflitto russo-ucraino, nel 2014 il rublo è collassato, creando complicazioni che resistono ancora oggi. Se nel 2013 i russi potevano permettersi di pagare delle bottiglie di Chianti rincarate del 300%, solo due anni dopo molti wine bar del paese si sono trovati a dover offrire ai propri clienti dei vini con un diverso rapporto qualità-prezzo. Nello stesso periodo, la richiesta di vini al bicchiere è aumentata e ristoranti e locali hanno dovuto cominciare a intrecciare relazioni commerciali direttamente con i produttori (si veda Russian wine lovers are flexing their wine palates, Meininger’s Wine Business International). Si stima che, nei prossimi anni, il crescente tasso di inflazione e il previsto innalzamento dell’IVA contribuiranno ulteriormente a peggiorare la situazione e a limitare il potere d’acquisto della popolazione.

I consigli dall’insider

Come contrastare questo panorama alquanto negativo? Come esportare vino in Russia? Lo abbiamo chiesto a Nikolay Chashchinov, Direttore della Millesime Wine School di San Pietroburgo:

«Penso che i produttori italiani abbiano una posizione privilegiata rispetto ad altri. Noi russi abbiamo una passione sfrenata per i vini italiani e questo non può che essere un enorme vantaggio per il vostro paese. Cosa dovrebbe fare un produttore di vino italiano? Per prima cosa, è essenziale che i suoi vini siano stati pubblicati su alcune testate e guide, tra le più rilevanti: WineSpectator, Wine Advocate, 5StarWines e il Gambero Rosso. Un passo decisivo è poi l’organizzazione di programmi di Incoming rivolti non solo agli importatori: visto il crescente ruolo decisivo dei ristoratori infatti, questo tipo di attività dovrebbe essere diretta anche a queste figure. I piccoli produttori devono puntare proprio ai ristoranti: il mercato sta cambiando e il ruolo dei grandi importatori sta subendo un arresto, lasciando spazio ai buyer delle grandi catene di vendita al dettaglio»

In conclusione…

Chashchinov non ha torto: i produttori italiani sono effettivamente molto avvantaggiati rispetto ad altri. In primis perché, al contrario di altre nazioni, su tutti gli alcolici provenienti dall’Europa non va applicato alcun embargo. In secondo luogo perché quando si parla di vino, in Russia l’Italia è già il paese di riferimento. Rispetto ai produttori di altri paesi, dunque, è molto più facile per una cantina italiana stabilire un contatto con i consumatori e gli imprenditori russi. Questo può avvenire anche grazie a eventi come Vinitaly Russia, organizzato da Vinitaly International. Non ti resta che iscrivere la tua cantina ad una delle guide consigliate da Nikolay, noi (in modo assolutamente imparziale) ti suggeriamo 5StarWines.

 

La nostra serie sui paesi BRICS è solo al secondo articolo…
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