Cosa abbinare al tuo vino italiano? Il mercato brasiliano

Cosa abbinare al tuo vino italiano? Il mercato brasiliano

Immagina di essere davanti ad uno scaffale con decine di etichette. La maggior parte di queste proviene da Brasile, Cile e Argentina; alcune dal Portogallo e dall’Italia; meno da Francia e Spagna. Ora immagina che questo scaffale si trovi in un’enoteca nell’undicesima città più popolata al mondo, che a sua volta è nel quinto paese più grande del pianeta. Aggiungici poi che attorno a te la cultura del vino è ancora molto giovane, e che i consumatori di quella zona sono particolarmente incuriositi dal prodotto. “E dove sono finito?”, ti chiederai… bem-vindo ao Brasil!

Ancora oggi, il ruolo del Brasile come consumatore di vino viene sottovalutato da molti. L’idea che il paese non abbia una wine culture sufficientemente sviluppata pianta le sue radici nella storia brasiliana. Questa convinzione, anche se in parte fondata, sarebbe dovuta cambiare già nei primi anni ’90, quando l’economia del Brasile – fino a quel momento chiusa – si aprì al resto del mondo.

I brasiliani e il vino

È vero, i brasiliani hanno cominciato a consumare vini stranieri solo negli ultimi 30 anni, questo però, non vuol dire che siano estranei al prodotto. Se a portare le prime viti a metà del XVI secolo furono i coloni portoghesi, a cambiare le sorti del paese come produttore e consumatore di vino fu l’arrivo degli immigrati italiani nel XIX. Non a caso, la regione del Rio Grande do Sul – dove si insediarono la maggior parte degli italiani – è ora la zona dove viene prodotto il 90% di tutti i vini locali. Con l’arrivo dei nostri compatrioti infatti, approdarono in Brasile anche molte delle competenze tecniche e della cultura del consumo del Bel Paese, che fecero alzare la qualità della bevanda dandole anche una certa rilevanza economica.

Dalla fine del 1800 alla fine del 1900 dunque, in Brasile si bevono quasi esclusivamente vini locali. Ai giorni nostri le cose sono cambiate, ma il competitor più pericoloso per un produttore straniero rimane ancora il produtor de vinho brasiliano. Ad oggi, il 62% dei vini bevuti nel paese sono prodotti interni. Come è spartito il restante 38%? Tra gli altri, spiccano Cile, Argentina e Portogallo (da Wine News, L’Italia del vino cresce in Brasile, mercato piccolo nei numeri, ma trainante per la crescita, 2019).

Ma scopriamo di più sui brasiliani come compratori. Il recente “Wine Intelligence Brazil Landscape 2019 report” di Wine Intelligence ci dice che il Brasile del vino è in crescita, così come i suoi consumi e i suoi consumatori. Negli ultimi tre anni i wine loverbrasiliani sono diventati 32 milioni. Il 70% di loro si concede almeno un calice di vino alla settimana, il restante uno almeno una volta al mese. Sono le nuove generazioni ad avere aiutato questa crescita: si parla di appassionati curiosi di provare nuove varietà, e per di più disposti a spendere per una bottiglia particolare. Il Brasile poi è il 26° mercato vinicolo più attraente del mondo, nonché la nazione che sotto questo punto di vista è cresciuta di più e in meno tempo (nel 2017 si trovava ancora al 38° posto).

E l’Italia?

In tutto ciò, che ruolo gioca l’Italia? Per ICE (Istituto nazionale per il commercio estero), le prospettive per il nostro paese sono positive. Nonostante una diminuzione in volume del 9% dal 2017 al 2018, il vino italiano ha visto crescere il valore delle sue esportazioni a 40,6 milioni di euro (+3,23%) con una quota di mercato, tra i vini stranieri, del 10,9%. Oltre a ciò, nei primi 9 mesi del 2018 il mercato brasiliano è valso alle nostre cantine ben 26 milioni di euro (da WineNews, In Brasile crescono i consumatori, numeri in crescita nel triennio 2016-2019. Italia ancora indietro, 2019). La maggior parte dei vini italiani importati in Brasile sono “fermi” e le regioni trainanti sono Toscana, Piemonte e Veneto. A rendere competitiva l’Italia è la sua ampia offerta di vitigni autoctoni, che la fa anche concorrere in diverse nicchie di mercato interessanti per il Brasile.

I consigli dall’insider

Con questi numeri, per i produttori italiani si rende necessario un piano ben studiato prima di entrare nel paese. Al riguardo, Bernardo Pinto, Technical Director per Zahil Importadora, ha commentato:

« Il mercato brasiliano è mutevole, nel senso che i trend possono nascere e sparire in pochi mesi. È appassionato, infatti a noi brasiliani piacciono i viaggi, le storie, la gente. Quando un prodotto ci entusiasma ci rimaniamo legati, quasi vincolati, e facciamo di tutto per diventarne ambasciatori. Sicuramente il brasiliano medio non ha conoscenze approfondite sul vino, ma è anche vero che l’interesse verso questa bevanda è enorme. La concorrenza qui è spietata, per non parlare della burocrazia: il solo sistema dei dazi richiede il consulto di professionisti specializzati.

Per riuscire a conquistare il più grande paese del Sudamerica, un produttore italiano deve tenere a mente tutti questi aspetti e trovare il punto di equilibrio tra il potenziale di vendita e gli sforzi richiesti. Un produttore inoltre deve avere ben chiaro il proprio obiettivo. Cosa vuole fare in Brasile? Vuole migliorare la distribuzione? Aumentare il volume di business? In ogni caso, il consiglio migliore che posso dare è quello di trovarsi un buon partner, qualcuno che faccia il lavoro in loco. Ciò però non vuol dire lasciare tutto nelle sue mani. Il produttore deve comunque essere presente, collaborare. Per vendere in Brasile devi vedere ed essere visto, conoscere e farti conoscere »

Il futuro

Secondo le previsioni dell’Euromonitor, il mercato brasiliano di vino continuerà a crescere, fino ad arrivare a 352 milioni di litri nel 2022. Ciò influenzerà anche le importazioni di vino italiano, che vedranno un +17% proprio fino al medesimo anno. A considerare il Brasile un mercato del futuro c’è anche Veronafiere, che nel 2018 ha sia organizzato la prima edizione di Wine South America (fiera che quest’anno si terrà a Bento Gonçalves dal 25 al 27 settembre) che inserito una sessione sul paese a wine2wine – forum sul business del vino – disponibile su Facebook.

Il Brasile però non è l’unico mercato in espansione che dovresti tenere d’occhio: per scoprire quali altri, devi solo iscriverti alla nostra newsletter.

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Non solo Cina: gli altri paesi che dovresti (davvero) considerare per il tuo wine export

Non solo Cina: gli altri paesi che dovresti (davvero) considerare per il tuo wine export

La partecipazione ad un concorso enologico porta a molti benefici per il wine export. Un maggiore appeal sul consumatore, una spinta promozionale e un miglioramento della brand reputation sono alcuni dei fattori che spingono ogni anno migliaia di cantine in tutto il mondo ad iscriversi. Ciò che forse non è altrettanto chiaro sono le strategie e le ricerche portate avanti dagli organizzatori nel pianificare il loro evento.

Nell’organizzare i concorsi enologici, si deve tenere conto delle costanti evoluzioni del mercato internazionale; prestare attenzione ai cambiamenti di tendenze, consumi e – perché no – anche a quelli politici, per offrire alla cantina un servizio il più valido e produttivo possibile. Uno dei modi per fornire un’esperienza veramente vantaggiosa, è quello di reclutare giudici provenienti da paesi chiave per l’export vinicolo. Prendere l’impegno di ingaggiare non solo professionisti del settore di un certo calibro, ma di lavorare con esperti di vino che conoscano a fondo zone di interesse per il mercato del vino italiano. A questo proposito, calzano a pennello i paesi BRICS – Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa–, che dopo esser stati il centro dell’attenzione per la maggior parte dei primi anni duemila e aver perso terreno nel 2015, sono da poco tornati alla ribalta e meritano quindi un’attenzione particolare.

Nuove rotte per il wine export

Gli ultimi 20 anni sono stati caratterizzati dal graduale affermarsi di un “aggregato geo-economico” identificato dall’acronimo BRICS. Gli stati facenti parte di questo gruppo sono accomunati da alcuni elementi fondamentali: la condizione di economie in via di sviluppo, una popolazione numerosa, un vasto territorio, abbondanti risorse naturali strategiche, una forte crescita del PIL e della quota nel commercio mondiale nell’ultimo decennio.

Il conglomerato è stato identificato per la prima volta nel 2001 dall’analista Jim O’Neill, in un documento redatto per la banca di investimenti Goldman Sachs. Inizialmente, O’Neill prese in considerazione solo Brasile, Russia, India e Cina (il Sud Africa venne aggiunto in seguito). Secondo l’analista, le quattro nazioni avrebbero dominato il secolo appena iniziato e urgeva dunque cominciare ad aprire loro le porte dell’economia mondiale.

Ad anni di distanza, non si può negare che O’Neill ci avesse visto lungo: solo pochi anni fa, i BRICS detenevano il 20% del PIL mondiale e circa il 16% del commercio internazionale. Comprendono tuttora inoltre il 42% della popolazione totale e il 25% dell’intera estensione della Terra (da Camera dei Deputati, BRICS, Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, 2015). Si tratta di mercati che da tempo registrano alti – anche se differenziati – ritmi di sviluppo economico e che presentano prospettive di crescita ancora molto rilevanti.

BRICS: ieri, oggi e domani

Le potenze si sono riunite per un primo incontro informale nel 2006 a New York ed è nel 2010 che hanno deciso di invitare il Sudafrica a partecipare. Il primo incontro, a livello di Capi di Stato e di Governo, si è svolto invece a Tōyako (Giappone) il 9 luglio 2008, a margine del G8. A questo primo vertice sono seguiti degli incontri annuali che continuano ancora oggi, con il summit del 2019 che si svolgerà il 13 e il 14 novembre a Curitiba, in Brasile.

Dal loro primo summit, le relazioni tra i 5 BRICS si sono consolidate e i Paesi sono ormai diventati partner in diversi campi di cooperazione, dall’economia alla geopolitica, passando per la sicurezza e la lotta al terrorismo. Gli obiettivi alla base della loro collaborazione vanno dal commercio allo sviluppo di infrastrutture, con l’ambizione di spostare il baricentro del mondo da Occidente ad altri punti di incontro.

Sebbene siano simili sotto molti punti di vista e condividano gli stessi traguardi, è importante tenere a mente che si tratta di 5 paesi ben distinti, con caratteristiche peculiari e differenti situazioni geopolitiche. È in particolare nel 2013, dopo la crisi economica mondiale, che le sorti dei 5 stati hanno cominciato a divergere. Se da una parte tutti hanno risposto positivamente agli stimoli della crisi finanziaria (al contrario di Europa e Stati Uniti), dall’altra, solo India e Cina sono cresciuti in modo esponenziale, lasciando indietro le altre nazioni.

Mentre negli ultimi anni l’IC asiatico non è mai sceso sotto il 6% di crescita del PIL (e non mostra segni di rallentamento), i dati e le previsioni del Fondo Monetario Internazionale (FMI) confermano quanto Brasile, Russia e Sudafrica fatichino a tenere il passo con India e Cina. Ciò nonostante, al 2018, il FMI ha confermato trend di sviluppo positivi per i cinque protagonisti del vertice BRICS, riportando l’attenzione internazionale su questi Paesi. Nello specifico, i dati mostrano come l’India crescerà con un tasso del Pil reale del 7.4%, la Cina del 6.6% (dato che assicurerebbe entro il 2030 il sorpasso dell’economia americana), il Brasile del 2.3%, la Russia del 1.7%, e il Sudafrica del 1.5% (da affariinternazionali.it, I BRICS, l’Occidente e il “cellophane del colonialismo”, 2018).

Tirando le somme…

I BRICS rappresentano dunque un’interessante opportunità sia per le cantine italiane che si affacciano per la prima volta sui mercati stranieri, che per le cantine con più esperienza nell’export vinicolo che mirano ad esplorare paesi lontano dai radar, ma comunque rilevanti. Come abbiamo già detto, il fronte BRICS è compatto, ma non unico. Ogni stato deve essere valutato come un’entità a sé stante e differenti strategie di wine export devono essere adottate per l’entrata su ciascuno dei mercati. Per capire meglio le tendenze e le necessità di ciascuna nazione, nei prossimi mesi ti porteremo ad esplorare Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, con l’aiuto di alcuni giudici di 5StarWines e altre figure strumentali alle nostre tematiche.

 

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